Il forte cambiamento di scenario dovuto alla diffusione della pandemia da Covid-19 ha comportato un’inversione del trend di progressivo miglioramento che il mercato immobiliare italiano aveva evidenziato fino alla fine di gennaio.
Alla battuta di arresto delle vendite di immobili registrata nel 1° trimestre 2020, -15,5%, si è aggiunta una forte flessione nel periodo aprile-giugno, stimata da Nomisma e dall’Agenzia delle Entrate in circa il 40%.
Nonostante il graduale allentamento delle restrizioni agli spostamenti avviato nel mese di maggio, che ha liberato una prima ondata di transazioni rimaste compresse per la quarantena, emergono i primi contraccolpi del deterioramento economico.
Il drastico deterioramento delle prospettive di crescita del Paese ha comportato un radicale cambiamento di scenario, posticipando le intenzioni di acquisto degli immobili sia per uso diretto sia per concederlo in affitto, arrestando così la moderata positività che si andava consolidando. Il tracollo, seppure temporaneo, degli affitti a breve termine pone qualche riflessione sulla capacità degli impieghi nel garantire ritorni adeguati agli investimenti effettuati, ponendo così maggiore attenzione al timing delle operazioni.
Da questo punto di vista il quadro non è incoraggiante come si nota dalle evidenze relative alla ripresa delle attività lavorative, che non hanno trovato riscontro nella completa riapertura delle attività commerciali.
In un contesto di grande incertezza è ovvio attendersi una minore propensione al rischio sull’investimento immobiliare, nonostante il basso costo del denaro di indebitamento. La fase di attesa in cui è entrata la componente della domanda di “acquisto per investimento” sta attenuando l’interesse generale orientato a un utilizzo non diretto dell’immobile, che aveva contribuito a un’accelerazione della dinamica espansiva nel periodo pre-Covid.
Gli indicatori che sintetizzano l’andamento del mercato immobiliare, come i tempi medi di vendita e locazione e lo sconto praticato sul prezzo richiesto, portano a una proiezione negativa sui prezzi di compravendita, con un abbassamento del prezzo medio unitario (euro a metro quadro). Secondo Nomisma, a risultare più penalizzate sono le realtà urbane, con il contraccolpo più marcato nei contesti che a inizio anno mostravano uno slancio espansivo non unicamente circoscritto all’attività di compravendita, ma anche alla riqualificazione e allo sviluppo.
Se per il comparto residenziale è comunque possibile provare a delineare una prospettiva di rilancio, ancorché lontana, diversa appare la situazione del mercato degli immobili d’impresa. La fragilità economica di molte aziende, la minore propensione agli investimenti e soprattutto la scarsa possibilità di ottenere aperture di credito non solidamente motivate contribuiscono a definire un quadro poco incoraggiante. La sostanziale inattività odierna è destinata a protrarsi cancellando i timidi progressi faticosamente conseguiti in un contesto che da oltre un decennio non è mai tornato ad essere veramente favorevole.
Diversa risulta invece la situazione sul versante corporate, per il quale l’attività degli investitori stranieri aveva strutturalmente alzato il livello degli investimenti ampliando inoltre l’interesse per le diverse tipologie. Anche in questo caso il ridimensionamento nel 2020 rispetto ai livelli record del 2019 potrebbe essere consistente, come già evidenzia il consuntivo sul 1° semestre, che mostra una contrazione tendenziale del 34,2% per il posticipo di operazioni in corso di definizione. Tuttavia, la maggiore efficienza del comparto nell’adeguarsi alle nuove condizioni economiche dovrebbe garantire, in questo caso, maggiori possibilità di rimbalzo anche se la correzione dei valori sarà consistente.
Sono infatti molte le tipologie di immobili che rischiano di subire un doppio contraccolpo aggiungendo alle conseguenze congiunturali di natura macroeconomica gli effetti strutturali che scaturiscono dal cambiamento di stili di vita e di consumo. L’accresciuta diffusione delle modalità di lavoro in smart working e degli acquisti online, solo per citare i fattori principali, accentueranno le difficoltà di taluni comparti nell’era post-Covid.
Secondo Nomisma, la risalita degli investimenti dei prossimi anni potrebbe dunque scaturire da una ricomposizione del mercato in favore di categorie finora sottorappresentate con conseguente cambiamento di interesse rispetto agli impieghi attuali. Ad oggi tuttavia risulta prematuro trarre conclusioni definitive rischiando di confondere scelte contingenti con orientamento di lungo periodo. Di seguito riportiamo in tabella le previsioni sui prezzi nello “scenario base” ipotizzato da Nomisma (lo scenario base presuppone un rimbalzo positivo dell’economia nel 2021 e 2022 ma non sufficiente a recuperare i livelli pre-Covid, mantenendo un differenziale di circa 2 punti percentuali di PIL al termine del periodo stimato). L’andamento dei prezzi non è supportato neppure dal tasso di inflazione, il cui andamento rischia di rimanere in territorio negativo quest’anno, con la prospettiva di oscillare sotto il punto percentuale anche nel prossimo biennio. Il calo dei valori immobiliari è pertanto destinato a protrarsi per almeno un paio d’anni seppure con un’intensità decrescente.
A livello territoriale, la città di Milano dovrebbe evidenziare una contrazione più contenuta tra le maggiori città monitorate dal Centro Studi di Nomisma, seguita da Firenze, Padova e Bologna con riferimento al settore residenziale, a cui si aggiungono Venezia e Palermo se si considerano i segmenti relativi agli immobili d’impresa. Viceversa le città che dovrebbero scontare le flessioni più significative sono Catania, Bari e Roma nel mercato abitativo e Torino e Napoli nel segmento non residenziale.
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